lunedì 3 febbraio 2014

Le regole

39 mesi

REGOLA
Definizione e Significato:

Sostantivo Femminile
- Ordine costante, ripetutamente verificato, di una serie di eventi: seguire una regola; essere senza regole fissedi regola = di solito, normalmente
- Norma di comportamento dettata perlopiù dalla consuetudine, dall'esperienza: avere, darsi una regola di vita; attenersi alle regole moraliè buona regola = è buona consuetudine, è opportuno: è buona regola essere sempre puntuali per tua norma e regola = perché tu sappia come comportarti ‖ a regola d'arte = in modo perfetto ‖ in regola = nella condizione prescritta: mettersi in regola con i pagamenti; anche in senso figurativo: sentirsi in regola con la propria coscienza ‖ Figurativo, avere le carte in regola = avere i requisiti per fare, per ottenere qualcosa
- Per Estensione sinonimo di misura, moderazione: nel bere non ha alcuna regolasenza regola = smodatamente
- Modalità convenzionalmente stabilita secondo la quale si svolge un'attività: le regole della politica, del calcio; stare, non stare alle regoleregole del gioco, quelle su cui si basa un gioco ~ In senso figurativo, norme che vigono in un determinato contesto sociale, politico etc.: non si vuol piegare alle regole del gioco.
- Complesso di norme che governano la vita di un ordine religioso: regola benedettina.
- In Linguistica: nella grammatica tradizionale, norma che prescrive un certo comportamento linguistico.
- Popolare, (al Plurale) Mestruazioni: avere le regole.
Dizionario-Italiano.it
 
 
 
Come promesso, ecco le riflessioni in seguito ai commenti dei lettori al post Poster delle regole, partecipate! che lascerò sempre aperto per future aggiunte.
 
Vorrei cominciare facendo alcune osservazioni a partire dalla definizione del dizionario che solamente al quarto punto - e solamente in senso figurato - fa riferimento alle regole che vigono in un determinato contesto, compreso quello educativo, in senso negativo (non stare alle regole).
 
La prima definizione è regola = ordine costante di una serie di eventi.
 
Questo significa che la regola come fenomeno oggettivo, misurabile e come successione delle fasi di un processo PRECEDE di gran lunga la definizione in ambito soggettivo - dettata perlopiù dalla consuetudine, dice il vocabolario - e morale, ma anche quello delle cosiddette buone abitudini.
 
L'altro spunto che il vocabolario offre è che le regole per essere tali si devono esprimere in maggioranza in senso affermativo, come quelle degli ordini religiosi (il famoso Ora et labora, Prega e lavora), piuttosto che in modalità negativa (come molti dei comandamenti dell'Antico Testamento Non rubare, Non uccidere).
 
Questi aspetti che ho cercato di rilevare in forma teorica sono stati individuati intuitivamente dai lettori, perché la maggioranza di voi ha indicato regole di tipo positivo e propositivo, cioè indicanti un certo tipo da condotta da tenere (Mangia fino a che sei sazio, Saluta quando incontri qualcuno, Riordina dopo aver giocato).
 
Le regole che sono emerse dai commenti sono regole di comportamento e appartengono alla sfera morale, quella che il dizionario indica come derivata dalla precedente sfera degli eventi che si susseguono in ordine costante. Quelle che la maggior parte di noi ritiene regole imprescindibili dell'educazione dei figli sono in concreto indicazioni più o meno flessibili, più o meno di buon senso, più o meno democratiche che tuttavia appartengono a un livello successivo, più privato, più soggetto a interpretazioni personali.
 
Tanto è vero che, come fa notare Erica, una lettrice, spesso famiglie diverse danno regole diverse dalle nostre e a volte i figli si trovano a disagio quando si confrontano con altri genitori a casa dei compagni. Oltretutto queste regole diverse e soggettive sono spacciate per universali da genitori che le impongono ai figli degli altri come una specie di dittatura personale. Questo lo trovo molto ingiusto: se ospito i figli degli altri, sarò molto cauto sul comportamento che IO dovrò tenere con loro, proprio perché so che altri genitori possono non essere d'accordo con quello che in casa mia si accetta o si nega.
 
Questa fondamentale osservazione era già stata fatta cento anni fa da Maria Montessori la cui pedagogia è stata definita pedagogia scientifica. La Montessori aveva colto che le regole che i bambini subiscono sono regole morali - e questo termine assumeva ai suoi tempi una sfumatura decisamente coercitiva - a discapito delle regole universali, del cosmo, della natura, dello spazio e del tempo. Queste regole sono, guarda caso, quelle che il dizionario indica alla definizione 1 come ordine costante, ripetutamente verificato, di una serie di eventi.
 
L'apprendimento di queste regole, che avviene attraverso l'ambiente, attentamente preparato per accogliere al suo interno anche numerosi fenomeni di tipo scientifico, è prioritario e fondamentale. Perché? Perché, sostiene sempre la Montessori, è da questa conoscenza che il bambino trae e fa sue le regole di comportamento civile, la condotta da tenere nelle varie situazioni, nel senso comunemente accettato dalla comunità in cui il bambino vive. La Montessori ha scritto pagine bellissime sull'amore per la natura e la terra, sull'importanza di vivere a contatto con prati, cieli, acque e fiori, in sintonia con il suo "collega" Rudolf Steiner.
 
Comprendere i ritmi naturali, i cicli stagionali, i nessi causa-effetto, l'estensione spaziale, la resistenza dei materiali attraverso i cinque sensi ha un valore enorme per il bambino, perché gli permette di vedere se stesso come parte di un tutto ordinato, ritmico, armonico, bello.
 
L'educazione al comportamento, a quel punto, sarà facile da mostrare e nella maggioranza dei casi già appresa. Un bambino che sta alle regole non è forse ordinato, armonico, prevedibile (ritmico) e, in definitiva, bello? Se avviene il contrario, cioè si mostra per prima cosa al bambino quello che può o non può fare, moralmente parlando, e poi gli si fa sperimentare il mondo, egli seguirà una condotta imposta dall'alto se è docile, ma la rigetterà se è invece ribelle, con tutti i problemi di adattamento che ben conosciamo.
 
La Casa dei Bambini (0-6 anni) ha infatti due sole regole di condotta da rispettare, espresse alla prima persona singolare:
- IO ASPETTO
- IO RIORDINO
Questo implica che il bambino si assume la responsabilità di aspettare e di riordinare, queste non sono le regole degli altri, ma le sue regole. Oltretutto anche il suo insegnante e i suoi genitori sono coinvolti, perché "io" si può riferire a qualunque soggetto si metta in gioco.
Il primo ad attendere è infatti l'adulto che aspetta pazientemente che il bambino sia pronto, che abbia terminato il suo lavoro, che abbia desiderio di lavorare. Ed è sempre l'adulto che dà l'esempio riordinando il materiale insieme al bambino.
 
La presenza di un ambiente adatto e di attività concrete da svolgere sono di per sè sufficienti a risolvere i problemi educativi senza bisogno di ricorrere a continui divieti o indicazioni. Ed è quello che, effettivamente, vedo accadere allo Spazio Montessori, con positive ricadute anche a casa. Proprio la scorsa settimana una bambina ha incominciato a correre freneticamente tra i tavoli e gli scaffali, una condotta inappropriata. La mamma si è subito alzata, richiamandola con la tipica ammonizione: "Non correre, Sara, così non si fa. Vai a sederti". Questa frase, oltre ad essere falsa, perché in alcuni casi si può correre anche in classe (per fronteggiare un'emergenza, per esempio, o per... correre in bagno!), è completamente inutile.
 
Ripetiamo frasi simili quasi a memoria, perché così hanno detto a noi i nostri genitori e a loro i nostri nonni. Le diciamo più che altro a noi stessi, per fare vedere agli altri adulti che sappiamo esigere dai nostri figli il rispetto, oppure alla nostra coscienza, per rassicurarci del fatto che, almeno, nostro figlio è stato avvisato, prima di provvedere in modi più bruschi. In realtà la piccola Sara ha fatto orecchie da mercante e secondo me non ha neppure colto il senso della frase. La maestra si è avvicinata alla bambina e le ha proposto di fare un girotondo coinvolgendo anche i compagni. In pochi minuti, non solo non c'era più nessuno che correva, ma l'aula risuonava delle vocette candide dei bimbi in cerchio.
 
Conosco l'obiezione: in questo modo, Sara è stata solo distratta, nessuno le ha spiegato che, in genere, in classe non si corre. La risposta della Montessori è: Sara è stata impegnata proficuamente in un'attività concreta che le ha fatto sperimentare in prima persona l'ordine e l'armonia del movimento circolare, oltre che il piacere di collaborare con gli altri. Il girotondo è un movimento aggraziato, la corsa in un ambiente ristretto è disordinata e pericolosa. Non servono spiegazioni e lunghe prediche, ma piuttosto esperienze.
 
Questo sistema porta all'autodisciplina, qualità che di solito riteniamo positiva negli adulti.
 
Per quanto riguarda le norme sociali, per esempio la cortesia e il saluto, la psichiatra Martha Welch scrive:
"Spesso i bambini vengono spinti dagli adulti a prendere iniziative per le quali non sono ancora pronti. "Di' buongiorno alla signora!" sentiamo spesso dire. In realtà il modo migliore per insegnare a un bambino a essere socievole è l'esempio; se voi siete socievoli e vostro figlio non lo è, allora qualcosa non funziona. Non forzate l'azione in modo innaturale: insistere peggiora solo le cose, perché il bambino si sente meno sicuro di sè. Al contrario, aiutate il bambino a desiderare di farlo spontaneamente. Preparate vostro figlio a rispondere in anticipo, per esempio dicendo: "Adesso andiamo a una festa. La signora Rossi ha lavorato tanto perché sia bella. Che cosa potremmo dirle per farle capire che siamo contenti che ci abbia invitato?". Lasciate che sia vostro figlio a decidere cosa dire. Se non vuole dire niente, chiedetegli che cosa vorrebbe che voi diceste anche da parte sua".
 
Un'ultima considerazione venuta dai commenti dei lettori  - mi scuso con i due lettori Anonimi del blog di cui per un errore ho cancellato inavvertitamente i contributi, anzi vi invito a registrarvi con il vostro nome, in modo che sia più facile per me distinguervi - è questa: i bambini chiedono le regole, le vogliono, così come desiderano ardentemente che siano posti loro dei limiti.
 
In proposito Carlos Gonzalez: "Se veramente i limiti fossero necessari per la felicità dei bambini e per la formazione della loro personalità e del loro carattere, non c'è dubbio che tutti i bambini, ricchi o poveri, educati in modo rigido o 'viziati', avrebbero ogni giorno cento opportunità per godere di tali limiti. A proposito, perché supponiamo che proprio i bambini abbiano bisogno di regole e di limiti per essere felici, che godano di questi, e siano disgraziati se non li hanno? Com'è possibile che le cose stiano esattamente all'opposto di come stanno per noi? A noi adulti, infatti, solitamente succede il contrario: i limiti ci fanno soffrire (l'amore non corrisposto, le vacanze che non possiamo fare, l'auto che non possiamo pagare, la dieta senza colesterolo, la casa troppo piccola, la partita persa dalla nostra squadra del cuore...), mentre quello che otteniamo e gli obiettivi che raggiungiamo contribuiscono alla nostra felicità".
 
Durante un'attività di tanti anni fa con una quarta elementare, feci questa richiesta al gruppo: Riunitevi tra voi, ciascuno dica agli altri qual è il suo più grande desiderio, discutete per scegliere un desiderio che trovi d'accordo tutti, ma proprio tutti, scrivetelo su un grande foglio con le vostre firme e venite a consegnarmelo.
 
Questo fu il risultato:
 
 
Credo che siano stati quegli undici bambini che firmarono il cartello a determinare l'inizio della patologia di cui soffro oggi che prende il nome di orticaria regolo-impositiva-limitante (manuale dei disturbi psichici, pag. 10 articolo 2).
 
Al di là dell'ironia, però, possiamo dire che se da una parte, come sostenevano la Montessori e i suoi contemporanei, padri dell'educazione attiva di inizio/metà Novecento (Steiner, Pizzigoni, Malaguzzi ecc.), l'ambiente fornisce al bambino la via da seguire: una sedia che si rovescia fa rumore e questo rumore mi dà fastidio, cercherò di stare attento a non urtare le sedie; gli adulti si salutano tra loro, così io saluterò gli altri; non posso sfondare la parete con la testa, perché la parete è troppo dura per cedere; non possiamo sederci in dieci a un tavolino da quattro posti; allo stesso tempo, superando anche le idee montessoriane, le nuove scoperte della genetica e delle neuroscienze ci indicano una strada ancora più efficace ed è questa:
 
"Tutti ci parlano dei problemi dei nostri figli, di come riconoscerli, di come prevenirli o risolverli; di come i bambini ci 'manipolano' o del perché bisogna stabilire regole e limiti. Nessuno ci ricorda che i nostri figli sono delle brave persone.
E lo sono. Devono esserlo necessariamente. Nessuna specie animale potrebbe sopravvivere se i suoi individui non nascessero con la capacità di acquisire il comportamento normale degli adulti e con la tendenza ad acquisirlo. Non c'è bisogno di molto sforzo per insegnare a un leone a mangiare carne. La cosa difficile, ciò che richiederebbe metodi educativi aberranti, sarebbe riuscire a far diventare un leone vegetariano. La grande maggioranza dei neonati, se li si cresce in modo adeguato (cioè con affetto, rispetto e contatto fisico), saranno bambini normali e, più in là, adulti normali. L'essere umano è un animale sociale, e pertanto la capacità di amare ed essere amati, di rispettare ed essere rispettati, di aiutare gli altri e di ricevere aiuto dagli altri membri del gruppo, di comprendere e rispettare norme sociali (cioè di essere, in definitiva, una brava persona), sono attitudini normali della sua personalità.
Un'educazione accurata, la religione o la legge ci possono dare altro, ma non sono imprescindibili per riuscire a essere una brava persona. Quando vivevano nelle grotte, i nostri antenati erano già, senza dubbio, delle brave persone, senza necessità di insegnamento o controllo".
Carlos Gonzalez
 
 
 
 
 
Nota:
Le indicazioni di Maria Montessori sono tratte da Maria Montessori. Il metodo del bambino e la formazione dell'uomo a cura di Augusto Scocchera (edizioni Opera Nazionale Montessori).
Il testo di Martha Welch è tratto da L'abbraccio che guarisce (edizioni Red).
I testi di Carlos Gonzalez sono tratti da Bésame mucho (edizioni Coleman).
 
 
 
 
 
 
 
 
 


2 commenti:

  1. Vorrei aggiungere uno spunto di riflessione su certe regole che secondo me è necessario in qualche modo trasmettere perché salvano la vita. Mi spiego: sono d accordo che mettere limiti sia sbagliato e sono anche io fondamentalmente pro Montessori, però ci sono alcune cose per le quali ho urlato ai miei figli in modo non montessoriano e lo rifarei: non si toccano le prese, non ci si sporge dai balconi e dalle finestre, non ci si arrampica su cose alte senza presenza e approvazione di un adulto, in bici si va col casco, si attraversa col verde, si cammina sul marciapiede, si da la mano alla mamma o all adulto se questo lo richiede, non si corre avanti per strada soprattutto nelle città, non ci si tuffa in piscina se non c'è la mamma o il maestro di nuoto e il papà o la nonna ecc, ci si lava le mani appena arrivati a casa e prima di mangiare, ci si lava i denti dopo mangiato... Ci sono regole che vanno date per questione di sicurezza e buona salute! No?

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    Risposte
    1. Scusa il ritardo con cui ti rispondo...
      Sì, è vero anche che nella vita quotidiana e come esseri umani - quindi imperfetti - spesso abbiamo modi tutt'altro che montessoriani, specialmente nelle emergenze. Ma va bene così, credo.
      Due punti mi stanno a cuore: il primo è che ho osservato che la stragrande maggioranza dei genitori strilla ai figli senza sosta per qualsiasi cosa, impedendo tutto, per - a detta loro - insegnar loro come si vive. Questo mi lascia sempre sconcertata...
      Il secondo punto è che anche le regole "cruciali" di sicurezza e buona salute vengono apprese per imitazione o per narrazione da parte nostra di come sia importante fare o non fare quella determinata cosa. Cioè l'urlata è un salvavita, ma non sarà con le urlate che i bambini imparano il valore del lavarsi le mani. È piuttosto il fatto che tutti i santi giorni 'ste benedette mani se le lavano tutti.
      Resto sempre stupita, comunque, di come cose che per un bimbo di 2-3 anni richiedono urla, strepiti ed altro, per un bimbo di 5 diventano normali e addirittura piacevoli. Allora mi chiedo: ma non è che per caso c'è un'età per ogni cosa? Nessuno toglie nulla alla pericolosità delle città e di altre esperienze, ma forse c'è anche da dire che, quando la necessità dello strillo diventa routine (non è il tuo caso, sia chiaro), allora l'ambiente non è amico del bambino.

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